"colpo di frusta" cervicale

14.11.2013 16:57

INTRODUZIONE

Si definisce "colpo di frusta" cervicale una lesione traumatica da flesso-estensione del rachide cervicale che si manifesta quando il corpo viene spinto in avanti, mentre il collo, a causa dell’inerzia data dal capo, si iperestende bruscamente. Questo meccanismo distorsivo determina un quadro clinico caratterizzato da un insieme di sintomi quali la cervicalgia, la rigidità e la limitazione della motilità cervicale associati ad altri disturbi neuro-vegetativi. In seguito alla distorsione si assiste alla contrazione dei muscoli paravertebrali e flessori del capo che ottengono come risultato quello di comprimere il rachide. Stessa azione e risposta, in senso contrario, si ha nel contraccolpo che il capo subisce dopo un tamponamento. Il risultato è quello di un accorciamento del collo con compressione del rachide, collusione delle articolazioni intervertebrali e alterazione dei due sistemi otovestibolare e oculomotore. Poiché le afferenze propriocettive cervicali si integrano con il sistema vestibolare ed oculomotore, contribuendo alla rappresentazione dello schema corporeo nello spazio ed allo sviluppo di riflessi posturali, la muscolatura del rachide cervicale, che reagisce contraendosi, si trova a far parte di un circuito chiuso afferente ed efferente in cui intervengono il sistema vestibolare ed il sistema visivo. E’ comprensibile, pertanto, come i disturbi derivanti da una alterazione di questi sistemi, dovuta alla distorsione cervicale, sia responsabile della genesi di un corteo sintomatologico da attribuirsi a tali apparati che all’apparenza sembrerebbero essere disgiunti dalla distorsione a carico di tale tratto del rachide.

                                    

 Nei classici casi di distorsione meno gravi si potranno avere soltanto danni legamentosi da stiramento e contusione delle strutture articolari, causati dallo scivolamento delle vertebre, con edema locale e contrattura muscolare da riflesso protettivo. Nei casi più gravi, di competenza traumatologico-chirurgica, si possono verificare rotture dei legamenti, erniazioni discali, fratture vertebrali. Andranno trattati con trazione per qualche settimana ed immobilizzazione in Minerva gessata. Se le dislocazioni non sono riducibili il trattamento sarà allora chirurgico, mediante cerchiaggio posteriore ed eventualmente trapianto autoplastico.

 

 

 

Epidemiologia

Al secondo posto, dopo quelle lombo-sacrali, le sindromi cervico-brachiali sono le più diffuse patologie dolorose di origine muscolo-scheletrica o neuro-muscolare. Esse colpiscono tutte le fasce di età, anche se si è notata una certa prevalenza nei giovani, e la loro incidenza, notevolmente aumentata negli ultimi anni, è da imputarsi soprattutto al moderno stile di vita, all’incremento dell’uso di autoveicoli e all’attività sportiva.

Una vita sedentaria con:

  • conseguente flaccidità ed ipodinamia muscolare;
  • l'uso dei mezzi di trasporto responsabili di micro-traumi, specie con meccanismo da accelerazione o decelerazione;
  •  gli squilibri posturali;
  • le spondilosi da deterioramento strutturale del disco;
  •  le spondiloartrosi interapofisarie

 possono favorire le distorsioni quando si verifica l’evento traumatico.

 

 

Meccanismi lesivi

 

Il meccanismo lesivo si verifica essenzialmente in corso di infortunistica stradale; si tratta di una scossa improvvisa e violenta che fa rovesciare indietro la testa, per poi riportarla, con altrettanta violenza, in avanti. Ciò avviene per la concomitanza di due movimenti forzati, e quindi innaturali, del tratto cervicale della colonna vertebrale: l’iperestensione e l’iperflessione la cui successione è strettamente correlata al tipo di incidente. I due incidenti tipici sono:

  • l’urto frontale
  • il tamponamento

                       

           

In un incidente automobilistico frontale, a causa dell'impatto frontale, il passeggero viene catapultato in avanti verso il parabrezza, per poi essere buttato indietro: l’iperflessione cervicale si ha prima e poi di seguito l’iperestensione. Ma il meccanismo lesivo più importante si verifica in seguito ad un tamponamento automobilistico.  Dal momento che l'impatto d'un tamponamento avviene dal di dietro, il meccanismo si rovescia: prima si verifica l' iperestensione del collo, dopo l'iperflessione. La muscolatura del collo, le vertebre e, raramente, i dischi tra loro interposti, possono infatti subire stiramenti, schiacciamenti, spostamenti.  Tali distorsioni cervicali tendono ad essere sottostimate in quanto, in seguito ad un incidente automobilistico, inizialmente si pensa d'essersi salvati con i soli danni materiali alla vettura. In seguito a tamponamenti di autoveicoli si tende a dare scarsa importanza a quell’apparentemente irrilevante meccanismo traumatico di iperestensione e successiva iperflessione cervicale. In un incidente, in prima istanza, si propende a valutare la presenza di traumi più gravi che abbiano comportato lesioni cutanee, muscolo-tendinee o fratture ossee; mentre la sintomatologia cervicale e i disturbi neurovegetativi associati, anche, se presenti, si manifestano con intensità modesta. Nientemeno il paziente tende a non richiedere le cure del Pronto Soccorso se gli sembra possibile e, se lo fa, di solito, è per motivi legali assicurativi più che per la necessità di cure o indagini diagnostiche. Qualche giorno, settimana o perfino anni più tardi, quando non si pensa più all'accaduto, vengono alla luce le vere conseguenze del trauma subito; un corteo sintomatologico: sono presenti infatti numerosi disturbi a localizzazione cervicale quali la cervicalgia, la rigidità articolare, la contrattura muscolare e la conseguente limitazione della motilità cervicale più spesso in rotazione.

 

 

Questi possono avere anche distribuzione a distanza,

  • disturbi cervicobrachiali (dolori che si irradiano dal collo al braccio fino alla mano);
  • formicolii e/o insensibilità alle dita delle mani;
  • paresi e paralisi (mancanza della forza specie di prensione delle dita della mano);
  •  la sindrome miofasciale reattiva di uno o entrambe i muscoli trapezi superiori.

Tali disturbi in più si arricchiscono di molteplici sintomi neurovegetativi:

  • annebbiamento della vista o luccichii agli occhi;
  • disturbi uditivi come ipoacusia, o ronzii o la sensazione di orecchio tappato;
  • nausea e vomito;
  • mal di testa, giramenti di testa. E vertigini che possono sfociare in una sindrome vertiginosa anche di rilevante entità.

 

Altre situazioni in cui parimenti si può manifestare il meccanismo lesivo sono le distorsioni cervicali nella pratica sportiva. Sono condizioni meno frequenti, rispetto a quelle che si verificano nell’infortunistica stradale, solo perchè il vertiginoso aumento degli autoveicoli ha fatto si che questa prendesse il sopravvento. Comunque bisogna ricordare che le distorsioni del rachide cervicale sono lesioni molto frequenti nella pratica sportiva in quanto la prestazione atletica favorisce il traumatismo cervicale sia negli sport di contatto che in quelli in cui si può manifestare un’iperestensione cervicale per collisione contro una superficie qualsiasi, per spintonamenti o urti fra i giocatori, per errore del gesto atletico o più frequentemente per impatto della testa con l’acqua come nei tuffi in piscina. Può pertanto essere il risultato di scontri sul terreno di gioco come ad es. nel calcio o altri sport, di cadute o di traumi diretti al cranio. Si sono riscontrate nondimeno nel football, nel surf, nei  tuffatori, nei ginnasti, nei giocatori di rugby e di hockey, negli sciatori e nei lottatori di judo o nei ciclisti oppure dopo semplici scivolamenti correndo o camminando. Non bisogna dimenticare che spesso è possibile che si manifesti il meccanismo lesivo per banali cadute, o urti con la testa giocando o scherzando con gli amici.

Tali condizioni possono accompagnarsi a quadri sintomatologici modesti o gravi a seconda dell'entità dell'evento traumatico. Non bisogna dimenticare che, come per quelle dovute all’infortunistica stradale, spesso non provocano la comparsa di una sintomatologia cervicale a breve distanza dal trauma. I sintomi cervicali e neurovegetativi associati compaiono mesi o anni più tardi, quando non si pensa più all'accaduto,  e proprio allora, sopravvengono le vere conseguenze del trauma.
Mentre le distorsioni semplici o "benigne" sono lesioni banali che guariscono facilmente e senza esiti, lo stesso non si può dire per quelle gravi. Intendendo per "gravi" quei casi in cui l'evento traumatico ha sollecitato tanto l'unità funzionale del rachide cervicale da determinarne l’alterazione delle strutture capsulo-legamentose che ne garantiscono la stabilità. Bisogna nondimeno ricordare le lesioni distorsive molto gravi, occorse nella pratica sportiva, per sottolinearne l'importanza e poi la possibilità che queste lesioni, se misconosciute e trascurate, possano determinare gravi conseguenti lesioni neurologiche e quindi compromettere la qualità della vita del paziente.

Il movimento in avanti e indietro è analogo a quello della coda di una frusta da cui deriva il nome del meccanismo infortunistico al collo, il "colpo di frusta".

 

LE DUE FASI DEL MECCANISMO TRAUMATICO

La classica successione che porta alla genesi del colpo di frusta consiste, pertanto, in un primo tempo, nell’iperestensione del collo, seguita poi da una flessione, con stiramento dei muscoli e dei legamenti cervicali posteriori. L'iperestensione provoca in genere una lesione del legamento longitudinale anteriore della colonna cervicale e altri danni ai tessuti molli della parte anteriore del collo, inclusi strappi ed emorragie muscolari; i muscoli più spesso colpiti sono lo sternocleidomastoideo, lo scaleno e i muscoli lunghi del collo. Anche se nella maggioranza dei casi i legamenti che avvolgono e proteggono la colonna cervicale non sono strappati completamente, vengono con il colpo stirati, allungati e parzialmente lesionati. Secondo la posizione della testa e della direzione dell'impatto, questo avviene in direzione obliqua o laterale, direzioni in cui il rachide è molto vulnerabile, a causa della specifica goniometria delle articolazioni apofisarie. A livello cervicale le componenti capsulo-legamentose e muscolari svolgono non solo il ruolo di stabilizzazione passiva e di controllo attivo dei segmenti cervicali, ma costituiscono anche sede particolarmente ricca di propriocettori, che intervengono nel controllo tonico posturale del capo e degli arti e rendono il distretto cervicale, ed in particolar modo il livello C2-C3, paragonabile ad un "ponte propriocettivo". I muscoli sottoocipitali sono ricchi sia di fusi neuromuscolari in alta densità, localizzati per lo più nelle fibre muscolari lente, sia di corpuscoli tendinei del Golgi, localizzati a loro volta nelle formazioni tendinee intermuscolari. Tale sistema propriocettivo risulta più ricco che nei muscoli degli arti e la continuità dei due tipi di recettori permette di controllare sia la lunghezza che la tensione di piccoli distretti dei muscoli nucali. Poiché le afferenze propriocettive cervicali si integrano con il sistema vestibolare ed oculomotore, contribuendo alla rappresentazione dello schema corporeo nello spazio ed allo sviluppo di riflessi posturali, la muscolatura del rachide cervicale si trova a far parte di un circuito chiuso afferente ed efferente in cui intervengono il sistema vestibolare ed il sistema visivo.

Fattori che influenzano la gravità della distorsione cervicale

Bisogna aver presente infine che ogni colpo di frusta è unico per se stesso; infatti sono parecchi i fattori che possono diversificare un caso dall'altro: l'età, il sesso, la dinamica dell'incidente, la gravità dell’impatto, il modo in cui è stato affrontato, le condizioni osteoarticolari, la validità della muscolatura cervicale, lo stato dei legamenti e dei dischi intervertebrali, la direzione dell'impatto e la velocità al momento dell'incidente.

 

Componente psicologico-affettiva

La sindrome da colpo di frusta è una condizione che interferisce negativamente sulla qualità di vita; il quadro di compromissione che ne risulta sembra rispecchiare in parte i dati presenti in letteratura circa l'evoluzione e il ruolo esercitato dalle diverse componenti, somatica e psicologico-affettiva. Dal momento che i sintomi tendono a persistere mesi o anni, anche se attenuati dopo le cure, spesso associati a classici disturbi neurovegetativi, non ben chiari al paziente, che non riesce a giustificarne la correlazione, la componente psicologica sfocia inevitabilmente in una sindrome depressiva e si manifesta, nella maggior parte delle persone, la propensione ad attribuirli a mali cerebrali di rilevante entità, che il medico non è, a suo modo di vedere, in grado di riconoscere. Inoltre c’è la tendenza da parte di familiari e amici a minimizzare i sintomi non comprendendone l’attinenza e imputando al paziente delle assurde fantasie ossessive, esasperando ulteriormente la sindrome depressiva riferita. Da quanto emerso sembra, peraltro, che la sindrome esista davvero e comporti un grado di disabilità non trascurabile, che tende, però, a migliorare nel tempo.

Chiunque avverta cervicalgia, dolori alla nuca e irradiati ai muscoli trapezi superiori, spesso con brachialgia e disestesie alle mani, o dei sintomi neurovegetativi che potrebbero essere attribuiti alla colonna cervicale, dovrebbe chiedersi se avesse subìto incidenti stradali, incidenti in corso di attività ginniche o cadute con trauma al capo o alla colonna cervicale.

DIAGNOSTICA CLINICA E STRUMENTALE

La diagnosi si fonda sulla storia clinica, sul meccanismo del trauma, sui sintomi e sull'esame obiettivo.
Il paziente di solito racconta di essere stato tamponato in automobile e, comunque, di avere subito l'iperestensione del collo seguita dall'iperflessione; in altri casi, come è già stato ricordato, il meccanismo traumatico responsabile della distorsione può verificarsi nella pratica sportiva oppure, con minor frequenza, in seguito a cadute realizzatesi nelle attività ludiche. Dopo aver verificato l’esposizione dei sintomi cervicali ricordati, l’esame obiettivo confermerà l’esistenza della contrattura muscolare paravertebrale e la limitazione della motilità cervicale. Sarà allora opportuno sottoporre il paziente ad una radiografia del rachide cervicale che generalmente, nelle proiezioni antero-posteriori e latero-laterali, è sufficiente per dare un quadro dello stato della colonna vertebrale, cioè delle parti ossee e soprattutto dell’atteggiamento che si manifesta dopo la distorsione; mettendo in evidenza la rettilineizzazione + o - chiara del tratto di rachide in esame o, addirittura, l’inversione della fisiologica lordosi nei casi più importanti. I reperti radiologici sono di solito minimi o assenti in quanto le strutture ossee non sono interessate. Si ritiene che una semplice radiografia della colonna cervicale debba essere eseguita ogniqualvolta si manifesti il meccanismo distorsivo ricordato anche in assenza di sintomatologia che potrebbe comparire giorni o settimane più tardi.
In realtà si può parlare di colpo di frusta o distorsione cervicale solo quando non si rilevano segni radiologici di danno delle vertebre cervicali, né segni clinici di lesione radicolare.

Appare evidente come la semplice radiografia cervicale sia necessaria, all’occhio attento dello specialista, per evidenziare i segni immediati del colpo di frusta o, addirittura, una pregressa distorsione cervicale; avendone magari trascurato la pericolosità in precedenza perché priva di sintomi di rilievo nell’immediato. In taluni casi viene messa proprio in luce con l’esame radiografico eseguito per la perseveranza di inspiegabili sintomi neurovegetativi, quali vertigini, acufeni, fosfeni e cefalea,  associati a disturbi cervicali. Ecco perché è doveroso sottoporre ad una semplice radiografia cervicale tutti coloro i quali hanno subito un’evidente distorsione cervicale.

Gli elementi di semeiotica radiografica da ricercare per scoprire, fin dal primo soccorso, una distorsione grave latente sono:
1) una diastasi anomala delle apofisi spinose;
2) un'angolazione anche minima a livello dello spazio interarticolare con scopertura parziale delle superfici articolari;
3) una cifosi (o angolazione anteriore) elettiva di un disco, mentre i rimanenti sono in lordosi.

Le radiografie sono utili anche per mettere in luce alterazioni strutturali preesistenti, come la presenza di osteofiti, l'assottigliamento dello spazio discale e l'assottigliamento dei foramen nelle vedute oblique.

Bisogna però ricordare che le lesioni dei tessuti molli, che peraltro sono le più frequenti, non si osservano nella maggior parte di queste immagini.

Per mettere in evidenza queste lesioni, occorre procedere con l’esecuzione di esami più accurati e sofisticati come la T.A.C. e la R.M.N. che saranno indispensabili per accertare gravi distorsioni cervicali che comportino la rottura del disco intervertebrale, del legamento trasverso oppure  dei legamenti longitudinali anteriore o posteriore. Infatti quando la rottura del legamento longitudinale posteriore è completa si produrrà d’emblèe una lussazione.

La TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) è utile per visualizzare il canale vertebrale e le modificazioni del diametro; per riconoscere gli ematomi,le condizioni del midollo e del sacco durale quantificandone il grado di compressione; le asimmetrie delle faccette articolari e la sublussazione rotatoria dei corpi vertebrali. E’ un esame che espone il paziente ad una dose elevata di radiazioni ionizzanti per cui va effettuato solo se ci siano dubbi diagnostici che una semplice radiografia standard non può dirimere.

Prima di sottoporre il paziente a tali costosi e sofisticati esami diagnostici, occorre avere il sospetto di lesioni di altre strutture non visibili ad una semplice radiografia. Questo per evitare di sottoporlo ad una esagerata ed inutile esposizione di radiazioni ionizzanti, incrementando altresì senza motivo la spesa del nostro S.S.N. La RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) è in grado di dimostrare l'integrità dei tessuti molli, dei muscoli, dei legamenti e delle strutture nervose come il midollo spinale; diventa pertanto essenziale quando vi sia il sospetto di lesioni di queste strutture ed è un indispensabile strumento per il chirurgo per evidenziare la sede precisa, l’estensione e la gravità di tali lesioni da operare. Non è un indagine radiologica; le sue immagini sono derivate dall’energia liberata dai protoni di idrogeno presenti nel corpo umano ed è pertanto un esame non irradiante, ma le apparecchiature per eseguirla sono altamente sofisticate e costose,  perciò non sono disponibili presso tutti i centri ospedalieri.

Altro esame che può essere indicativo per valutare eventuali sintomi da irritazione nervosa, quali dolore radicolare, parestesie o disestesie, è l'elettromiografia (EMG) completa del test di velocità della conduzione nervosa. Ha significato attendibile solo dopo 3-4 settimane dal trauma.

SINTOMATOLOGIA

Il colpo di frusta è caratterizzato da una sintomatologia precoce e da una sintomatologia tardiva.
Subito si manifestano sintomi quali: la cervicalgia, la sensazione di fragilità dei muscoli cervicali anteriori e posteriori, la limitazione della motilità cervicale specie dei movimenti di rotazione e flessione laterale e la cefalea il più delle volte occipitale o generalizzata, talvolta si può manifestare un’emicrania. Solo nei giorni successivi viene riferita una sindrome vertiginosa che, in certe circostanze, assume caratteristiche di apprezzabile gravità. Il paziente riferisce la vertigine come sensazione soggettiva non rotatoria, breve, spesso evocata da un movimento del capo che conferisce un senso di instabilità posturale in stazione eretta. Si manifestano poi irritabilità e turbe dell’umore, parestesie agli arti superiori fino alle mani, e sintomi otoneurologici e visivi come acufeni e fosfeni e difetti di accomodazione.
La sintomatologia precoce si risolve nel giro di 1-3 mesi, con scomparsa totale dei disturbi.
In un terzo dei casi permane oltre 6 mesi, una sintomatologia che si definisce "sindrome tardiva del colpo di frusta" e che comprende oltre al dolore cervicale, cefalea, rigidità cervicale, brachialgia, disestesie e ipostenia degli arti superiori, disturbi vertiginoso-posturali già evidenziati nella prima fase, ma ora aggravati o stabilizzati. Ansietà, depressione, insonnia sono tipici della sintomatologia tardiva e compromettono non di poco la qualità della vita.
In taluni casi certi pazienti possono riferire disturbi quali un fastidioso “nodo alla gola”, che spesso induce il medico curante ad approfondite indagini diagnostiche gastroenterologiche che non evidenziano, ragionevolmente, alcun disordine di tale apparato. Il rachide cervicale risponde al trauma con una rigidità antalgica, la muscolatura si contrae per ridurre le sollecitazioni sul segmento leso e le capacità articolari risultano globalmente ridotte in tutti i piani di movimento ed in particolare in quelli che sollecitano le strutture capsulo-legamentose stirate e/o lesionate. A livello cervicale le componenti capsulo-legamentose e muscolari svolgono non solo il ruolo di stabilizzazione passiva e di controllo attivo dei segmenti cervicali, ma costituiscono anche sede particolarmente ricca di propriocettori, che intervengono nel controllo tonico posturale del capo e degli arti e rendono il distretto cervicale, ed in particolar modo il livello C2-C3, paragonabile ad un "ponte propriocettivo".

Tali sintomi sono responsabili di far peregrinare il paziente da vari specialisti quali, principalmente l’otorinolaringoiatra per gli acufeni, e le vertigini; il neurologo per la cefalea, l’ansia e le stesse vertigini; l’oculista per i fosfeni e disturbi visivi di varia natura e l’internista o il gastroenterologo per la nausea, il vomito, il nodo alla gola e i disturbi della deglutizione; in ultima analisi si può arrivare a richiedere la consulenza dello psichiatra per l’ingravescente componente psicologico-affettiva che può sfociare nella sindrome depressiva già ricordata.

Si può comprendere, pertanto, la molteplicità dei disturbi che possono derivare da una distorsione cervicale, non dimenticando parimenti che il complesso corteo sintomatologico neurovegetativo è l’origine di tale esasperante peregrinare infruttuoso da uno specialista all’altro, alla vana ricerca del motivo di tali mali. Questo è peraltro il principale fattore di aggravamento della sindrome depressiva menzionata che si manifesta con discreta frequenza.

 

TRATTAMENTO

Il riposo  E’ necessario un periodo di almeno due settimane durante il quale si limiteranno al massimo i movimenti del collo e della testa. Bisogna evitare in assoluto un protratto periodo di riposo. : sembra infatti che il riposo prolungato favorisca la cronicità, mentre una pronta e precoce mobilizzazione del collo, prima con esercizi isometrici e poi con movimenti attivi, darebbe i migliori risultati

Collare di Schanz  L'uso di un collare, convenientemente confezionato e adattato, e correttamente usato, rappresenta quasi sempre la cura più efficace, a patto di non eccedere con i tempi di immobilizzazione. Va tenuto il più possibile, soprattutto durante gli spostamenti con gli automezzi.  Non v'è un canone preciso per quanto riguarda la durata dell'immobilizzazione, che generalmente si protrae mediamente per un paio di settimane, arrivando a tre nei casi più importanti; in ogni modo è proprio il medico che ne stabilisce i termini con riguardo al caso specifico e sulla base della propria esperienza personale.

                                                          

 E’ sconsigliabile comunque l’uso protratto di questo presidio terapeutico in quanto ormai è stato ampiamente dimostrato che i pazienti affetti dal colpo di frusta, mobilizzati in fase iniziale, rispondono meglio di quelli trattati con l'immobilizzazione per mezzo del collare. La maggior parte dei collari inoltre, avendo un appoggio mentoniero, forza la testa  in posizione protrusa, aumentando così la disfunzione in estensione caratteristica di questi pazienti che sono obbligati a portare per lungo tempo il collare cervicale.  Inoltre l’uso protratto del collare cervicale, mettendo a riposo la muscolatura del collo, favorisce l’instaurarsi di una minore validità della stessa che si troverebbe impreparata a eseguire la normale motilità della testa quando ne viene effettuata la rimozione. A prescindere dall’utilità di mettere a riposo il rachide cervicale, una volta subita la distorsione, ciò mette in evidenza i dubbi sull'efficacia dell'uso quotidiano, specie se protratto, del collare per immobilizzare la colonna, in seguito al trauma da colpo di frusta.

La terapia farmacologica ha possibilità e limiti ben definiti. Di norma vengono somministrati antiflogistici, analgesici, miorilassanti e tranquillanti al fine di ridurre la sintomatologia dolorosa, di ottenere un effetto miorilassante e di sedare l’ansia che inevitabilmente accompagna il decorso della malattia cervicale. Va fatto uso di farmaci soltanto nella fase acuta e, comunque, per brevi periodi di tempo in quanto provvisti di effetti collaterali non trascurabili se ne si eccede.

La massoterapia può favorire il rilasciamento muscolare ed essere un complemento della rieducazione funzionale. Esplica i suoi effetti terapeutici mediante due meccanismi principali: azione diretta (o meccanica) e azione indiretta (o riflessa).

  • Il primo interessa le strutture sottostanti alle zone trattate e cioè i vasi sanguigni, i muscoli, le terminazioni nervose e, naturalmente, la cute e i relativi annessi.
  • Il secondo stimola ed è mediato dal sistema nervoso centrale e periferico ed è verosimilmente il più importante.

Non si può trascurare inoltre l'effetto psicologico che il massaggio ha ed ha sempre avuto sui pazienti, e che fa di questa tecnica la più piacevole e conosciuta fra tutte quelle di cui la fisiokinesiterapia si avvale. Possiede un’importante azione sul ricambio tessutale. Il massaggio agisce, oltre che sulle terminazioni nervose, sugli spazi lacunari dei tessuti, dove circola la linfa e dove ci sono cellule adipose, accelerando l'eliminazione di scorie e della raccolta di liquido e grasso (quindi azione tonica).

 I “pompages” ideati da Bienfait, infatti, favoriscono un benefico rilassamento muscolare opponendosi alle contratture riflesse. Prescritti da soli, o in associazione alle classiche terapie fisiche, permettono una risoluzione della sintomatologia eventuali tecniche fisioterapiche.

Le mobilizzazioni vertebrali possono essere impiegate nel blocco della colonna cervicale, dando un certo sollievo; oltre eventualmente ad esercizi di kinesiterapia che consistono in un insieme di particolari movimenti o mobilizzazioni attive e passive che servono, in questa precisa circostanza, al recupero della normale funzione articolare.

Gli Ultrasuoni  sono vibrazioni sonore a frequenza così elevata da non risultare percepibili dall’orecchio umano. Hanno varie intensità di emissione regolabili a seconda della profondità delle articolazioni da raggiungere; sono applicabili attraverso "testine" da porre sulla cute e da muovere circolarmente con l’interposizione di un gel che permetta il passaggio delle onde ultrasonore. Quando un fascio di ultrasuoni viene assorbito da un tessuto, cede ad esso la propria energia meccanica la quale si trasforma a sua volta in energia calorica. L’effetto principale terapeutico è produrre calore (non doloroso) in profondità in modo che l’articolazione venga "nutrita" meglio dal sangue. Gli effetti terapeutici degli ultrasuoni, in parte dovuti all'aumento della temperatura, sono rappresentati dall'analgesia, dal rilasciamento muscolare e dall'effetto fibrolitico e trofico.

1) Analgesia - L'effetto analgesico è dovuto all'azione del calore e probabilmente anche ad un'azione diretta degli ultrasuoni sulle terminazioni nervose sensitive.

2) Rilasciamento dei muscoli contratti - Il rilasciamento dei muscoli contratti è legato all'effetto termico e all'azione di micromassaggio tissutale indotto dagli ultrasuoni.

3) Azione fibrolitica - Le oscillazioni delle particelle dei tessuti, prodotte dagli ultrasuoni, determinano lo scompaginamento delle fibre collagene dei tessuti fibrosi.

4) Effetto trofico - La vasodilatazione, che fa seguito all'elevazione termica, facilita la rimozione dei cataboliti e fa pervenire nei tessuti sostanze nutritizie ed ossigeno; in tal modo gli ultrasuoni migliorano il trofismo dei tessuti, agevolano la riparazione dei danni tissutali ed accelerano la risoluzione dei processi infiammatori.

La stimolazione elettrica transcutanea (TENS) rappresenta una tecnica non invasiva, sicura e discretamente efficace. L'ottenimento di una buona risposta iniziale è frequente, ma, nella maggioranza dei casi, il sollievo non si mantiene nel tempo. Valida nelle patologie acute, ottiene, quasi sempre, un'analgesia immediata che in taluni casi può dare risultati anche di media durata. Può essere impiegata da sola o in associazione ad altre terapie fisiche come ultrasuoni, farmacoterapia e chinesiterapia. Quest’ultima sarà necessaria nei casi in cui si manifestino importanti limitazioni articolari. L'uso prolungato induce tolleranza vanificandone gli effetti. E' controindicata nei portatori di pacemaker cardiaco.

La magnetoterapia viene da alcuni impiegata nelle patologie dolorose del rachide cervicale specie da distorsione, in virtù dei postulati effetti antiedemigeni ed antinfiammatori. Promuove altresì un’accelerazione di tutti i fenomeni riparatori con netta azione biorigenerante, antinfiammatoria, atiedematosa, antalgica senza effetti collaterali.

Si tratta di una particolare terapia fisica che utilizza apparecchiature generanti campi magnetici a bassa intensità.  Che i campi magnetici possano interagire con i sistemi biologici è ormai cosa certa. Tale terapia fisica ha lo scopo di ridurre gli stimoli dolorosi inducendo una riduzione della contrattura muscolare. Vengono riferiti buoni risultati anche nelle cervicalgie da spondilosi, miofibrositi, stiramenti muscolari e da discopatia oltre a quelle da distorsione

Anche la laserterapia viene preconizzata come efficace supporto in alcuni dolori del rachide in toto (contratture dolorose, dolori muscolo-legamentosi, ecc.).  Dopo biostimolazione laser impiegata, in campo fisioterapico, per la possibilità di concentrare calore in un volume molto piccolo di materia, si osserva:

  • un'accelerazione dei normali processi fisiologici;
  • un aumento della velocità delle mitosi;
  •  una disidratazione del tessuto temporanea e reversibile;
  • denaturazione delle proteine;
  • termolisi;
  • carbonizzazione;
  • evaporazione del tessuto.

I laser fisioterapici producono essenzialmente due effetti: antalgico e biostimolante.

Una citazione particolare va fatta per il metodo sviluppato da Robin Mc Kenzie, un fisioterapista della Nuova Zelanda e fondatore del McKenzie Institute International.

La parte vitale della metodica McKenzie, per la cura delle patologie della colonna vertebrale, consiste nell’educazione del paziente a mantenere posture corrette per aiutare a prevenire il ripresentarsi del problema. A tal proposito si riportano i concetti di base su cui si fonda questa interessante metodologia.

 

 

Metodica McKenzie

-a cura di Silvia Gambaretto Fisioterapista Ospedale Legnago (VR)-

Il metodo McKenzie è indicato per il trattamento dei disturbi meccanici della colonna vertebrale dove il dolore è provocato da una deformazione dei tessuti molli tale da attivare il sistema nocicettivo. Quest'ultimo è costituito dalle terminazioni nervose libere contenute nei tessuti e, in particolare, nel disco intervertebrale che, secondo McKenzie, è il principale responsabile del dolore alla colonna e del dolore riferito.

Il dolore dovuto ad un trauma è prodotto da una deformazione meccanica combinata con un'irritazione chimica; di conseguenza il dolore iniziale è costante, non cessa cambiando posizione e può venire amplificato con il movimento. Durante la guarigione ci può essere una perdita di movimento causata dalla contrazione e dall'accorciamento adattativo del tessuto cicatriziale. Dopo 2‑3 settimane, i1 dolore diventa intermittente in quanto è avvertito solo quando le strutture accorciate sono poste in allungamento. Durante questa prima fase si può favorire la riparazione corretta dei tessuti mediante delle procedure meccaniche che non devono essere troppo vigorose prima di essere certi che la lesione sia completamente guarita.

E' stato dimostrato che la mobilizzazione attiva precoce determina sia un miglioramento dei movimenti cervicali sia una diminuzione del dolore.

L'approccio Mc Kenzie è suddivisibile in tre componenti:

 

  1. DIAGNOSI MECCANICA
  2. TRATTAMENTO MECCANICO
  3. PREVENZIONE DELLE RECIDIVE

 

La DIAGNOSI MECCANICA, viene effettuata sulla base di una scheda di valutazione ed è indispensabile per capire quale movimento possa far stare meglio il paziente. Ciò permette di impostare il trattamento e l'auto‑trattamento che è uno dei punti cardine del metodo, in quanto il paziente esegue dei movimenti guidato dal terapista e poi a domicilio da solo. Ciò è fondamentale perché permette che il paziente, una volta concluse le sedute con il terapista e risolto il problema, sia in grado da solo di prevenire le recidive, molto frequenti nei dolori cervicali.

I pazienti vengono suddivisi in tre categorie sulla base del meccanismo che produce il dolore:

  1. sindrome posturale b) sindrome da disfunzione c) sindrome da derangement.

Nell'ambito delle stesse vanno poi analizzate la localizzazione del dolore, la presenza eventuale di deformità vertebrale acuta, l'effetto dei movimenti di prova ripetuti e delle posizioni mantenute sull'andamento del dolore. I movimenti per la colonna cervicale sono: protrusione, retrazione, flessione, estensione, flessione laterale e rotazione.

Nella sindrome da postura il dolore è provocato quando i segmenti del rachide sono soggetti ad un carico statico prolungato a fine arco di movimento. Ne è un esempio la protrusione della testa associata a cifosi del tronco in posizione seduta oppure la rotazione della testa mantenuta durante la notte da proni.

In questa sindrome il dolore è in genere centrale e cessa cambiando posizione.

La correzione posturale consiste nell'educare il paziente a controllare attivamente la posizione di tutta la colonna o utilizzando degli appositi presidi come il supporto lombare per la posizione seduta o il supporto cervicale per la notte da inserire nel cuscino.

La sindrome da disfunzione si riscontra soprattutto in pazienti che hanno subito un trauma o un derangement e che hanno perso l'arco completo di movimento. Il dolore avvertito è sempre il medesimo a fine arco di movimento.

La sindrome da derangement è definita da Mc Kenzie come "la situazione in cui la normale posizione di riposo delle superfici articolari di due vertebre adiacenti è disturbata a causa di un cambiamento di posizione del nucleo fluido tra queste superfici". In questo caso il dolore tipico è intermittente perché segue lo spostamento del nucleo ed è quindi associato ai movimenti e alle posture del soggetto. Nel TRATTAMENTO MECCANICO la condotta da seguire varierà in base al tipo di sindrome ma nello stesso tempo, anche se la maggior parte dei pazienti (circa il 70%) ha il derangement, si osserva che questi hanno pure una cattiva postura e che dopo la riduzione dello stesso si evidenzia talvolta anche una perdita di funzione legata a qualche trauma precedente.

Il trattamento del derangement consiste nell'applicare pressioni riduttive per riposizionare i tessuti spostati. Queste sono costituite, secondo il principio della progressione delle forze, da posizioni mantenute o movimenti ripetuti propri del paziente nella direzione scelta dalla diagnosi meccanica e, quando necessario, da mobilizzazioni e manipolazioni eseguite dal terapista. Il dolore riflesso si può spostare dalla periferia verso la linea mediana della colonna tramite movimenti che vengono così utilizzati per eliminare i sintomi irradiati. Tale fenomeno viene denominato centralizzazione.

In questo ambito il movimento cervicale più importante è la retrazione ed è stato dimostrato che in essa la flessione della cervicale superiore è maggiore che nella flessione globale di capo e collo. Inoltre i movimenti cervicali sono meno dolorosi se fatti precedere dalla retrazione. Ne è un esempio l'estensione che, in questo modo, è resa possibile già nei primi giorni successivi al trauma. Il movimento di retrazione è la prima procedura per la riduzione del derangement posteriore della colonna cervicale inferiore; viene usata per la disfunzione in flessione della cervicale superiore e in estensione della cervicale inferiore ed è indicata per il mal di testa di origine cervicale.

La PREVENZIONE DELLE RECIDIVE consiste nell'enfatizzare le responsabilità del paziente per il proprio recupero e in istruzioni a lungo termine come i consigli posturali ed ergonomici, il mantenimento dell'arco di movimento, 1'incoraggiamento all'attività fisica.

CONCLUSIONI

Appare di fondamentale importanza una diagnosi precoce e corretta delle distorsioni cervicali che originano dal colpo di frusta. Questo per attuare sollecitamente l’idoneo trattamento medico e fisiokinesiterapico per alleviare, per quanto possibile, gli importanti disturbi locali e neurovegetativi che inevitabilmente si accompagnano alla distorsione. Visto che i malanni derivati dalla patologia cervicale tendono a perdurare anche degli anni, è necessario impostare un corretto protocollo riabilitativo sulla base:

  • della violenza della cervicalgia;
  • del numero e dell’intensità dei disturbi accusati dal paziente;
  • della rilevante contrattura muscolare;
  • della rigidità articolare;
  • delle probabili limitazioni funzionali del rachide cervicale;
  • delle alterazioni posturali conseguenti.

Occorre spiegare al paziente gli innumerevoli sintomi, anche neurovegetativi, che derivano dalla distorsione, il perdurare degli stessi anche per anni dopo l’evento traumatico e la necessità di sottoporsi periodicamente sia a controlli clinici che a trattamenti fisiokinesiterapici; ciò per scongiurare o attenuare l’inevitabile sindrome depressiva, che si accompagna agli esiti del colpo di frusta, e rendere consapevole il paziente stesso della necessità del trattamento riabilitativo anche a lungo termine, per una decorosa qualità di vita. Ci si può avvalere, come è già stato riportato, di molteplici trattamenti medici, fisiokinesiterapici e metodiche riabilitative, ideate da vari Autori, che potranno essere impiegati in dipendenza della gravità del quadro clinico, delle risorse messe a disposizione dalla Struttura Riabilitativa di appartenenza e dell’esperienza degli Operatori Sanitari.

Solo in questo modo, dopo una corretta diagnosi, basata su rilievi anamnestici, clinici e strumentali, sarà possibile impostare un corretto trattamento riabilitativo, idoneo a risolvere, per quanto possibile, i numerosi problemi derivanti dal colpo di frusta cervicale.