Per comprendere come può essere movimentato manualmente un carico di qualsivoglia natura, sia biologico che non biologico, occorre considerare come l’uomo abbia liberato l’uso delle mani nel corso della sua evoluzione da mammifero a quat­tro zampe.

14.11.2013 18:52

La capacità di movimentare i carichi è dovuta all’abilità che ha assunto l’uomo, col passare dei secoli, di servirsi di tutte quelle azioni di prensione che può compiere la mano; fatto unico fra gli animali viventi sulla terra, tipico delle scimmie antropomorfe, e che ha contribuito alla predominanza dell’uomo sulle altre specie viventi sulla terra.

         

Ricordiamo come la manualità sia un'azione ormai innata per l’essere umano, ma venutasi a sviluppare gradualmente nel millenario percorso determinato dalla verticalizzazione dell’uomo, da scimmia antropomorfa ad australopithecus e infine ad homo sapiens.

      Centinaia di milioni di anni fa una famiglia di scimmie antropomorfe, giunta a uno stadio particolarmente elevato di sviluppo, iniziò a migliorare il proprio atteggiamento posturale e a mutare il modo di rapportarsi agli altri animali ma soprattutto di spostarsi. Dai quattro arti, poi sui piedi aiutandosi con le mani, infine, riducendo la base di appoggio e innalzando il baricentro, con complessi meccanismi che regolavano l’instabile equilibrio, riuscivano a stare solo sui piedi in stazione eretta.

Le scimmie antropomorfe, pertanto, avevano iniziato a stare ritte e muoversi facendo uso solo dei due piedi. Ma, per i primi tempi, soltanto in caso di necessità e in modo estremamente impacciato. Il loro modo naturale di camminare era in posizione semieretta e comportava l'impiego delle mani. La maggior parte di esse appoggiava le articolazioni del polso sul terreno e faceva oscillare il corpo, con le gambe contratte, tra le lunghe braccia. Proprio come uno storpio, che cammini con le grucce.

 

                          

Il cambiamento era dettato soprattutto dal loro modo di vivere, spesso per sfuggire ai nemici a terra erano costrette ad scalare gli alberi aiutandosi con gli arti superiori (com’è facilmente intuibile l'arrampicarsi porta ad un impiego delle mani diverso da quello dei piedi, le mani avevano sviluppato pertanto la motilità in prensione dovuta alla continuativa azione di arrampicarsi) queste scimmie cominciarono a perdere l'abitudine di aiutarsi con le mani quando procedevano su terreno piano e ad assumere, sempre più, la posizione eretta. Con ciò era fatto il passo decisivo per il trapasso dalla scimmia all'uomo.

               Dapprima procedevano con andatura goffa, instabile e ricurva, proiettata in avanti, aiutandosi con braccia e mani, -come fanno gli scimpanzè quando camminano su terreno piano- . Poi guadagnarono una postura eretta sempre più elegante, quest’atteggiamento diventò essenziale per la vita  dei nostri antichi progenitori. Infatti se il camminare eretti divenne per i nostri villosi antenati dapprima regola e col tempo una assoluta necessità, ciò vuol dire che alle mani spettarono frattanto attività di natura via via sempre più diversa dall'originaria. Le mani così liberate potevano specializzarsi per una motilità fine ed accurata.

In seguito all’avvenuta acquisizione della stazione eretta sui due arti inferiori ed alla conseguente capacità di camminare sempre in posizione eretta, si è sviluppata in noi una particolare abilità nell’uso delle braccia e   delle mani. Queste infatti sono state disimpegnate dal loro primitivo uso, infatti finché erano utilizzate per sostenere il peso del corpo, per muoversi e per arrampicarsi sugli alberi, le mani potevano difficilmente modificarsi ed essere impiegate con destrezza per la presa e la fabbricazione di oggetti.  Erano dei semplici organi addetti agli spostamenti che, come i piedi, non possedevano particolare sensibilità ma, soprattutto, in esse non era sviluppata quella singolare motilità fine delle dita, che sarebbe stata per l’uomo la differenza straordinaria che gli avrebbe permesso la supremazia sulle altre specie viventi sulla terra.

              Con l'evoluzione della mano e delle sue funzioni, per i nostri progenitori si aprirono molti orizzonti culturali e tecnologici. La supremazia dell’uomo, sulle altre specie animali presenti sulla terra, non fu dovuta soltanto allo sviluppo del cervello, cui conseguiva una superiore capacità di elaborare i concetti, ma anche al perfezionarsi della capacità di mobilizzare finemente articolazioni, tendini e legamenti della mano.

 A poco a poco l’uomo si affidò, anche se in modo inconsapevole, alla tecnologia potendo usare le mani per manipolare oggetti: usò il fuoco, imparò a costruirsi rifugi sugli alberi o addirittura, come lo scimpanzé, tettoie tra i rami per ripararsi dai temporali. Si poteva incominciare a trasportare rami o altri strumenti, trasportare  alimenti, acqua, rifornire di cibo la famiglia, raccogliere il cibo dai cespugli.

           

I nostri antichi progenitori si costruirono le prime rudimentali armi per difendersi, le utilizzarono per procurarsi il cibo, cacciarono, poterono servirsene per afferrare randelli per proteggersi dai loro nemici, o pietre e frutta per bombardarli; produssero i primi manufatti, si coprirono di pelli per difendersi dal freddo e costruirono capanne. L’uso della mano, pertanto, stava diventando per l’uomo quella speciale differenza che gli permetteva di primeggiare sulle altre specie animali.

In relazione alle scimmie il numero delle articolazioni e dei muscoli, la loro disposizione generale sono, nei due casi, gli stessi che nelle scimmie; ma la mano del selvaggio più arretrato può compiere centinaia di operazioni che nessuna scimmia riesce ad imitare. Non dimentichiamo che nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra. Quando la mano aveva acquistato la propria autonomia, pur possedendo una  motilità grossolana, il passo decisivo era compiuto: la mano era diventata autonoma e poteva ora acquistare una crescente destrezza: la maggiore scioltezza così acquistata si trasmise nei millenni e si accrebbe di generazione in generazione.

Col passare dei secoli le  capacità della mano si affinarono progressivamente, divenendo via via particolarmente abile e al tempo stesso assai sensibile. Tanto è vero  che è stato ipotizzato come, con il tatto, si possano trasmettere molte sensazioni proprie dell’individuo.

          Semplicemente con l’unione delle mani di due persone. In realtà, se ci pensiamo bene, la spontanea conoscenza di un soggetto, uomo o donna che sia, si effettua stringendosi la mano, cosa che si verifica solo nella razza umana in cui si è straordinariamente sviluppata questa singolare capacità. Al tempo stesso una più completa conoscenza di cose o persone si realizza proprio col tatto. Cosa ben nota ai non vedenti che sviluppano sorprendentemente questa capacità in quanto, a causa della loro menomazione, non possono aiutarsi con la vista per la conoscenza di cose o persone. Per ultimo, ma di certo non meno importate, è ricordare come le ultime fasi del corteggiamento avvengano, quando si è stabilita una più sincera conoscenza, proprio col contatto delle mani. Come propaggine diretta, la più diretta, dei centri nervosi, il movimento che nasce dalla mano, e le sensazioni che essa trasmette, è ricco di significati psicologici inerenti la vita interiore e di relazione di ogni individuo. Si può così comunicare con la semplice prensione e il tatto delle dita.

La mano è anche l'unico organo che consente la "reciprocità sensoriale" : se ci pensiamo bene essa non può toccare senza essere toccata (mentre l'occhio può guardare senza essere visto, l'orecchio ascolta senza essere udito).

Siamo talmente abituati alla gestualità, all'uso costante delle mani, alla sensibilità derivata dal loro contatto, alla reciprocità sensoriale, da non soffermarci mai sul meraviglioso meccanismo che le rende uno degli strumenti più preziosi per l'uomo. La mano viene da molti fisiologici considerata come una sorta di proiezione del cervello nello spazio. Pertanto "la mano è un'unità morfologica indissolubilmente correlata ai centri nervosi superiori del cervello, di cui costituisce la propaggine più diretta e versatile".

Per quanto riguarda, invece, la sorprendente motilità che affina, in ultima analisi, quella che è la sua caratteristica principale concernente ai meccanismi di prensione si svilupparono così:

- la convergenza: che è la capacità di avvicinare le dita fra loro;

         

- la divergenza:che è la capacità di allontanare le dita;

             

- l'opposizione: che è la capacità di muovere il pollice ruotandolo in modo da opporlo alle altre dita. Ciò permette movimenti di precisione, utili per costruire utensili;

             

  • la prensione: è la capacità delle dita di flettersi verso il palmo, di stringersi e afferrare un oggetto per portarlo con sé; è derivata dalla già ricordata necessità di arrampicarsi. Ciò permette di prendere cose o persone e consente di movimentare i carichi manualmente.

    

I vari movimenti fini e complessi di dita e articolazioni della mano hanno dato, fra l’altro, la possibilità di usarla, mediante l’accurata acquisizione di fini e raffinati engrammi sensoriali, per l’uso di forbici al fine di tagliare un semplice foglio di carta o una stoffa o un tessuto.

           LA PRENSIONE

Questa è dovuta a movimenti che sono essenzialmente di quattro tipi: possiamo precisamente individuare tre tipi di pinza fra i polpastrelli delle dita ed un meccanismo di prensione interdigitale fra i bordi laterali delle dita:

  • la pinza termino-terminale

(tra polpastrelli di pollice e indice.

      È particolarmente adatta per tenere oggetti piccoli com’è possibile notare in figura oppure sottili come un ago o uno spillo);

        

  • la pinza volo-volare (più comune, vede il polpastrello del pollice opporsi agli altri);

   

  • la pinza volo-laterale (oppone il polpastrello del pollice alla faccia radiale delle falangi di un dito lungo);

   

  • la prensione interdigitale (fra le dita, senza pollice).

       

Per la prima volta si sviluppa nelle scimmie antropomorfe e per esempio nel gorilla,      

però in esso il pollice è corto e tozzo e le falangi sono ricurve;

nell'uomo moderno le falangi delle dita sono diritte e l'ultima falange del pollice è molto più lunga rispetto a quella delle scimmie antropomorfe, facilitando così la sua opposizione alle altre dita e agevolando la prensione di cose o persone.

Le eccezionali capacità della mano umana sono il risultato, oltre che di una notevole sensibilità, di una raffinata e sviluppata mobilità di tutte le articolazioni, comprese quelle del braccio e della spalla. Ma soprattutto della possibilità di aver perfezionato  i movimenti di prensione degli oggetti….

            …..e di un più raffinato controllo dei movimenti fini delle dita: tutto ciò ha permesso all'animale-uomo di raggiungere un successo organizzativo e tecnologico maggiore di qualsiasi altra specie vivente sulla terra e di consentirgli di compiere i miracoli dei dipinti di Leonardo o di Raffaello, delle sculture di Michelangelo, delle musiche di Paganini.  Questo solo tramite il lavoro e la specializzazione delle sue strutture muscolo-osteo-legamentose. Tale abilità si è affinata pertanto attraverso l'abitudine a sempre nuove operazioni trasmessa ereditariamente con il particolare sviluppo appunto di muscoli, di tendini, e, a più lungo andare, anche delle articolazioni. Si è realizzata così la sempre rinnovata elaborazione dei perfezionamenti, in questo modo ereditati, per mezzo di nuove e sempre più complicate operazioni.

             

Senza arrivare a tali sorprendenti livelli di perfezione artistica, conseguenti oltre che allo straordinario genio artistico, proprio all’abilità dell’uso di muscoli, tendini e articolazioni della mano, qualsiasi uomo, se ben addestrato, può raggiungere un’elevata destrezza.

Riprova ne è il fatto di quello che può realizzare, comunemente, qualsiasi chirurgo ben esercitato in sala operatoria.

Ecco quindi che ora sarà più chiaro cosa s'intende quando si parla di scrivere o dipingere o suonare uno strumento musicale come chitarra e pianoforte oppure operare chirurgicamente: movimenti fini e complessi delle dita in cui la mano ha la totale padronanza del movimento, tanto da non dover pensare coscientemente ai movimenti affinché essa li possa compiere.